I Luoghi

 

La lettura del contesto storico, paesaggistico e ambientale delle ville storiche, ci conduce all’apice di un sistema di relazioni spazio-temporali, funzionali alla rappresentazione della città che, al mutare delle proprie ragioni, propone e rinnova compiutamente il proprio valore simbolico, ponendo in risalto lo stretto rapporto esistente con il paesaggio e con la natura circostante. Spesso, catturati dalla bellezza e dall’interesse suscitato dal singolo monumento, non rileviamo che quest’edificio o quel luogo sono posti in relazione tra loro e riflettono una natura rappresentativa e profondamente simbolica della città.

Il tema di fondo, legato alla scoperta del patrimonio storico-archeologico e proposto da ARCHEOludica nei tre itinerari, introduce ad ulteriori elementi costitutivi la struttura urbana e territoriale: la forma simbolica della città, il paesaggio agrario e la natura dei luoghi.

- l’itinerario n. 1, oltre a consentire la lettura delle “fonti” classiche attraverso l’esperienza diretta di spazi e monumenti antichi, cerca di rendere visibili le relazioni spazio-temporali che collegano la città picena e romana con il centro medievale a Castello al Monte, questo con la successiva crescita del borgo medievale fino agli sviluppi della città del ‘600, la trasformazione territoriale e la crescita economica che nel ‘700-‘800 ritrova nelle ville e casini di campagna la visibilità della propria identità storica e culturale;

- l’itinerario n. 2 avvicina i luoghi delle origini e della civiltà picena, con la visita del Monte Penna, delle necropoli picene e del medievale Castello di Pitino: il percorso mette in risalto la vocazione agricola che caratterizza la nostra struttura territoriale e si identifica nel carattere di distensione e pacatezza del paesaggio rurale, classico.

- l’itinerario n. 3 introduce alla conoscenza dei parchi di Villa Collio e Villa Luzi dove è possibile incontrare scoiattoli e fagiani oltre al monumentale patrimonio botanico-vegetazionale presente (pini, cedri, lecci, querce, ippocastani, cipressi, olivi) ed altre essenze vegetali (alloro, mirto, melograno, tasso, fico, vite, melo, pero, ecc.) che ci guidano tra natura, storia, religione e miti per proseguire fino alla scoperta di un eccezionale contesto botanico-vegetazionale, geo-morfologico e faunistico di grande interesse, immersi nella natura incontaminata di Valle dei Grilli e delle Grotte di Sant’Eustachio.

Itinerario n. 1 – Il neoclassicismo ha certamente favorito lo sviluppo di quella cultura antiquaria che, procedendo a ritroso nello studio della storia urbana, ha riscoperto le proprie origini picene e romane rispetto alle quali ha definito precise relazioni spaziali tra gli elementi costitutivi della città e del paesaggio circostante. Il movimento spaziale impresso dalla rotazione della Torre civica rispetto al Duomo antico e alla torre campanaria, segna il passaggio tra la città della fondazione, in diretta relazione con l’antica Septempeda e la Corte degli Smeducci: mentre il Duomo dedicato a San Severino si rivolge verso un luogo interno alla città romana, posto a nord delle terme antiche (forse il punto da cui è stato traslato il corpo di San Severino nell’anno 550), la Torre civica mostra la propria volontà di dominio sul borgo medievale che si sviluppa intorno alla “platea mercati”, collegata visivamente e funzionalmente al Castello dall’asse urbano di via Indivini. Se la Torre civica sottolinea principalmente un sistema di difesa a cui fanno riferimento le torri e i castelli sparsi nel territorio, la Cattedrale madre si carica di tutta la simbologia che sta all’origine della fondazione stessa della città e della sua identità.

Nel cartiglio posto in fondo allo stemma della città del 1640, si legge la scritta UTRAQUE IN UTRIMQUE indicante la doppia potestà dei due simboli – la Giustizia e la Carità – per la città e il suo contado, costituito da castelli e ville dipendenti. Dalla prima metà del ‘400, la piazza inizia ad assumere un nuovo ruolo, rappresentativo della diversa situazione politica della città: agli estremi sono posti il complesso agostiniano di S.M. Maddalena, e il Monte di Pietà (XVI sec.), a riprova della posizione svolta da quest’Ordine all’interno della città medioevale, con l'opera d’innesto della vita evangelica laddove gli uomini vivono e operano nella loro sociale quotidianità e il Palazzo dei Governatori (XVII sec.) ove prima sorgeva la Loggia della Misericordia (XIV sec.), luogo in cui si amministrava la giustizia e si presiedeva all’organizzazione della città: luoghi rappresentativi della Carità e della Giustizia; l’asse principale della struttura urbana ruota per interessare maggiormente l’asse maggiore dell’ellisse; il grande vuoto s’imposta gradualmente su una maggiore simmetria tra il lato sud e nord, mentre via Indivini, al centro del lato sud, ove si affacciano i palazzi principali, inizia a perdere la centralità di percorso urbano.

I secoli XVIII e XIX vedono le Marche progredire ed arricchire per l’abbondante produzione agricola che segna lo sviluppo del tessuto economico e sociale, accompagnato da una vasta opera di rinnovamento della città e del paesaggio agrario. In questo contesto le ville e i casini, più prossimi alle città, assumono una rilevante componente simbolica, rappresentativa del nuovo assetto sociale, economico e culturale. La manualistica neoclassica rielabora gli assunti vitruviani “Venustas, Firmitas, Utilitas” che si realizzano attraverso i concetti di armonia, proporzione, misura, intese quale corrispondenza delle parti al tutto (dal gr. symbolon – “accostamento”) al di là delle differenze reciproche (dal gr. diabolon – “separare, dividere”).

La ricerca della “Divina proporzione” o  l’uso della sezione aurea appartiene ai “segreti di studio” e alla personale arte compositiva dell’architetto e non trova immediato riscontro in alcuno scritto riferito alle architetture e agli spazi citati anche se è noto che l’uso della proporzione aurea o di altri tracciati geometrici sottesi a costruzioni o edifici produce un valore universale e riconosciuto di armonia, seppure non rivelato e dichiarato in modo palese: dal Partenone di Fidia, interamente proporzionato tramite rettangoli aurei che definiscono i rapporti tra le singole parti, alle architetture del Palladio, ove la successione degli spazi e degli elementi architettonici risponde a proporzioni derivate da geometrie che talvolta si riferiscono a precisi rapporti musicali. Anche la città “classica” risponde a tracciati regolatori che ne raccontano l’identità e la storia, definendo i rapporti di armonia e di corrispondenza tra le varie parti dell’organismo, sia che si tratti di un edificio o di un paesaggio. Villa Luzi, leggermente ruotata rispetto all’asse nord-sud (170° N-E) si attesta in cima allo stradone di accesso (la posizione di un edificio così orientato risulta ottimale, alla nostra latitudine, per le implicazioni energetiche, la vivibilità e il confort), posto in posizione perpendicolare rispetto all’antico “decumanus maximus” della città romana, segnato dal diverticolo della Via Flaminia. Il fabbricato principale, la cui pianta e alzato seguono proporzioni “auree”, si trova all’incrocio con l’asse segnato dalla Torre degli Smeducci e dal campanile della chiesa di Santa Maria del Mercato (ex convento di San Domenico), individuando precise relazioni spaziali sia con gli elementi costitutivi la struttura urbana e territoriale dell’antica Septempeda che con la città trecentesca, epoca in cui la famiglia Luzi arriva a San Severino, proveniente da Visso. Villa Collio individua una più complessa articolazione di relazioni spazio-temporali. L’asse principale della costruzione sembra voler rappresentare uno schermo prospettico ideale su cui si proietta, da un lato, l’asse principale della Cattedrale a Castello al Monte che, insolitamente, non segue l’orientamento classico est-ovest ma intercetta un luogo posto all’interno dell’antica città di Septempeda, a nord delle terme antiche, in posizione leggermente elevata, forse corrispondente al punto da cui è stato traslato il corpo di San Severino per raggiungere il sito sul Montenero, dopo aver attraversato il fiume Potenza, simbolo visibile di un passaggio epocale.

Itinerario n. 2 – La visita del Castello di Pitino ci riporta nei luoghi della civiltà picena, all’interno di un contesto territoriale ed economico, ancora oggi, caratterizzato dallo svolgimento dell’attività agricola. Il paesaggio si apre ad una spazialità che si estende a nord-est  fino alla riviera del Conero e a sud-ovest verso i Sibillini, mentre a nord-ovest, con il suo cappello di nuvole, il Monte San Vicino sembra voler offrire protezione alle frazioni di Elcito, Castel San Pietro, Chigiano e ad un territorio contrassegnato dalla trasfigurazione che subisce il disegno dei campi, nel corso delle stagioni, particolarmente in risalto in questa crespa terra, vicina alle decorazioni di stoffe e ceramiche, come al gusto decorativo e prezioso della locale pittura “cortese”.  Il contesto in cui risultano incastonate Villa Collio e Villa Luzi, consente di rilevare la permanenza, nei secoli, del carattere di distensione e pacatezza del paesaggio rurale, classico. L’ordine naturale, plasmato nel tempo, appare quale opera totale dell’uomo. L’architettura s’identifica con il luogo che abita, in una corrispondenza di materiali e scale cromatiche.

L’uso dello smartphone con un lettore QRCode e l’applicazione WIKITUDE, strumento interattivo in “realtà aumentata”, uniti all’uso di un semplice taccuino con matita, consentono di stimolare, sotto forma di gioco, l‘attività conoscitiva rivolta a comprendere le relazioni spaziali e temporali presenti nel contesto territoriale, a partire dal luogo privilegiato di osservazione rappresentato dal Castello di Pitino, dal quale risultano visibili, grazie anche a WIKITUDE, tutti i siti archeologici e storici d’interesse: le necropoli picene, la città di Septempeda, i siti archeologici di Stigliano e delle Cagnore, il Castello sul Montenero, i castelli di Elcito, Castel San Pietro, Serralta, Isola,  Monte San Vicino, Chigiano, ecc.

Itinerario n. 3 – All’interno dei parchi di Villa Collio e Villa Luzi è possibile incontrare scoiattoli e fagiani oltre al monumentale patrimonio botanico-vegetazionale presente (pini, cedri, lecci, querce, ippocastani, cipressi, olivi) ed altre essenze vegetali (alloro, mirto, melograno, tasso, fico, vite, melo, pero, ecc.) che ci guidano tra natura, storia, religione e miti. L’itinerario prosegue lungo il percorso pedonale-ciclabile sul lato del fiume Potenza, attraversando Borgo Fontenuova, Borgo Conce, la Basilica di San Lorenzo sullo sfondo e la quattrocentesca diga del Ponte di Sant’Antonio per immergersi nella natura incontaminata di Valle dei Grilli e delle Grotte di Sant’Eustachio.

Villa Collio, edificata nel 1813 su disegno dell’architetto Giuseppe Lucatelli, presenta un programma architettonico particolarmente complesso che, a partire dal viale d’accesso, si sviluppa lungo l’asse principale della villa, oltre l’ingresso monumentale, con il giardino all’italiana e i ninfei, il corpo principale con la cupola ottagonale, gli spazi semicircolari con le fontane e l’obelisco. La composizione architettonica risulta inserita all’interno di una rappresentazione urbana che recupera precise relazioni spazio-temporali, a partire dalla città picena e romana per ritrovare nella città neoclassica una nuova sintesi formale riassunta da alcune significative architetture: il cimitero di San Michele,  la piccola chiesa di San Michele, la chiesa di San Paolo fuori le Mura, la Torre dell’Orologio e la romanica chiesa di Sant’Antonio al Ponte, il Duomo antico, il Castello di Pitino e l’antica Septempeda. L’architettura classicista si inserisce nel paesaggio circostante, su cui si eleva tutt’intorno, non per imporre un dominio ma per trovare un equilibrio in cui bellezza e misura architettonica si fondono con l’armonia di un paesaggio agrario dove risultano ancora forti e condivisi i valori che, attraverso il recupero del passato, conducono fino alle più profonde radici. Significativamente, all’esterno dello spazio racchiuso dalla cortina in muratura mista risalta la presenza di un boschetto con Romitorio. Il conte Severino Servanzi Collio, seguendo la sua passione per l'archeologia che lo portava a collezionare tutto il materiale di scavo che veniva trovato nel territorio settempedano, commissionò (probabilmente allo stesso Bigioli) la costruzione di un tempietto romano nel boschetto accanto alla sua villa, riutilizzando conci e capitelli antichi. E' egli stesso a riferircelo: "I capitelli venuti alla luce da quel suolo e che da me raccolti furono impiegati nella costruzione di un tempio profano alla foggia antica fatto da me fabbricare in un giardino inglese presso la Villa Collio".

Villa Luzi, poi Caglini ora Pancalletti, per quanto all’esterno possa apparire una costruzione semplice e per di più anonima, mostra uno stretto rapporto di interrelazione tra il manufatto, il parco verde e la natura circostante. Il carattere dell’opera viene rivelato dalla semplice prevalenza di linee orizzontali e dal contesto quasi nascosto, segreto, racchiuso dalla cinta di pini marittimi secolari, a dominare uno splendido paesaggio urbano con il borgo in primo piano, in alto il castello con le sue torri e le montagne tutto in giro. Le indovinate proporzioni, la sicurezza con la quale sono state scelte le altezze dei piani e con la quale sono state distribuite le singole aperture lasciano supporre la mano di una forte personalità. Considerando il forte legame di stima ed amicizia tra il marchese Niccola Luzi e l’architetto Ireneo Aleandri, non si può escludere completamente l’attribuzione dell’opera allo stesso, con datazione successiva al 1843, anno della morte della marchesa Marianna Tinti Luzi. All’interno, a partire da uno splendido ingresso in “stile pompeiano” e precisamente nel così detto “terzo stile”, scandito da colonne doriche, finte paraste e specchiature dipinte e rievocato magistralmente da un ignoto pittore (molto probabilmente Filippo Bigioli da San Severino) si sviluppano una serie di ambienti tra cui una sala decorata da affreschi a “trompe-l’oeil”. Nella decorazione dei soffitti, invece, si passa al romantico dei medaglioni di paesaggio e addirittura a bellissime espressioni di più avanzato e raffinato gusto liberty.” La ricostruzione ottocentesca di un atrio in stile pompeiano conferisce allo spazio un particolare tono celebrativo che il marchese Niccola Luzi ha forse voluto dedicare alla memoria dell’amata moglie Marianna, dei viaggi condotti insieme a Lei nei luoghi delle antichità romane e delle emozioni vissute tra le rovine di Ercolano e Pompei. 

L’Eremo di Sant’Eustachio in Domora si trova lungo un percorso che si snoda in una gola rocciosa in cui si aprono numerose grotte, costituite da calcari bianchi del Giurassico e del Cretaceo; calcari marnosi invece formano i circostanti rilievi. Inizialmente domina la macchia mediterranea con lecci, poi segue il bosco di cedui di caducifoglie; tra la flora si distingue la Coronilla valentina sp. valentina. Nella zona delle grotte o sulle pareti rocciose calcaree si sviluppa una vegetazione con felci e muschi; comune, nelle forre, la lingua di bue. E’ possibile stimare che la flora della Valle dei Grilli e della contigua Valle dell’Elce ammonti a 500 entità pari ad un sesto della flora marchigiana. L’area, caratterizzata da un habitat particolare con forre e grotte calcaree ricche di felci e muschi, di corsi d’acqua è faunisticamente molto interessante per gli anfibi; la specie più importante e più rara in Italia è senz’altro il geotritone (Speleomantes italicus), che sopravvive solo in grotte con un tasso di umidità molto elevato e temperature che non possono superare i 15°C. Presenti nell’area anche l’istrice, la volpe e il gatto selvatico, il riccio, la donnola, la puzzola e la faina.

L’uso dello smartphone con un lettore QRCode e l’applicazione WIKITUDE, strumento interattivo di “realtà aumentata”, uniti all’uso di un semplice taccuino con matita, consentono di stimolare, sotto forma di gioco, l‘attività conoscitiva rivolta a comprendere le relazioni spaziali e temporali presenti nel contesto territoriale, in relazione al patrimonio monumentale vegetale presente.

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Il territorio ricco di materie prime adatte alla produzione di marmette, l’epoca storica contraddistinta dall’Art Nouveau o stile Liberty, diedero vita ad un opificio di marmette tra i più prestigiosi d’Italia. Grandinetti nasce dalla trasformazione di una vecchia fornace (Testi), cresce e si sviluppa nel contesto del fermento delle nuove tendenze di inizio ‘900.Nel corso degli anni, Grandinetti ha saputo imporsi nel settore come azienda leader grazie alle sue intelligenti scelte produttive che hanno sempre privilegiato la manualità e l’artigianalità ...

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